QUANDO LA SCUOLA FA PIANGERE


«Prof è un vero macello stamattina! Sta facendo piangere tutta la classe!»
«Stai tranquilla Chiara, non piangono perché si sono fatti male, piangono perché stanno cominciando a scoprire la loro interiorità.»
Qualche volta capita che alla fine di una lezione (o anche durante), alcuni studenti si mettano a piangere. È raro, ma quando accade, significa essenzialmente che hai preparato un’ottima lezione, che hai colpito, che un vento leggero ha tolto il velo e l’ha fatto volare via.
Aletheia è una parola greca straordinaria, che quasi sempre viene tradotta con VERITÀ, anche se letteralmente significherebbe il non-nascosto, ciò che non ha velo, ciò che si rivela. Di questo ha bisogno la scuola: tornare a essere luogo di rivelazioni, luogo di pianti dell’anima, luogo di aletheia.

Una delle opinioni più diffuse per i corridoi delle scuole secondarie trova espressione nella celebre frase: “che palle la scuola!”. Quante volte abbiamo sentito questo slogan tra gli studenti! Ma dico, visto che dopo decenni e decenni continua a rimanere l’idea più seguita, a qualcuno è mai saltato in mente di prenderla sul serio? Mi chiedo, abbiamo mai provato, anche solo per gioco, a pensare che derivi da una realtà vissuta dai ragazzi? Credo che nella maggior parte dei casi abbiamo deciso di relegarla all’angolo dei retaggi, oppure l’abbiamo messa sulle spalle della famosa fase adolescenziale, alla quale peraltro attribuiamo tutte le questioni più sfidanti che ci toccano e che non sappiamo approcciare.

La scuola è ancora, per lunghi tratti, TROPPO NOIOSA. Nonostante i mille esami, le certificazioni e le qualifiche accademiche che ci richiedono per entrare in aula e sederci alla cattedra, noi insegnanti non siamo ancora abbastanza pronti. E non è una questione di skills per la lavagna interattiva multimediale e nemmeno di tablet o portatili touch. Il digitale non c’entra nulla, o meglio, non è questo il punto. Non è digitalizzando ogni plesso e ogni persona che renderemo più performante la nostra lezione e la nostra scuola. I mezzi digitali ampliano l’offerta, allargano il panorama degli strumenti, ma i contenuti quali sono? E la comunicazione di questi contenuti come avviene?

La verità è che dobbiamo tornare a stupire, a emozionare. E per farlo è necessario che si applichi questo paradigma a noi per primi. Dobbiamo tornare a stupirci, a emozionarci, a meravigliarci della vita, delle storie, del mondo, dei libri, dell’unicità dei ragazzi che abbiamo di fronte ogni giorno. Certamente a volte sono spregiudicati e chiedono cose personali, ma lo fanno perché vogliono conoscerci, perché ci chiedono di vedere la vita attraverso la nostra. Del resto abbiamo un grande onore: siamo le prime persone che il destino ha dato loro per imparare a investigare i sogni.

I nativi digitali che abbiamo in classe, per come stanno crescendo nelle famiglie digitalizzate, sottoschermo dall’inizio alla fine della giornata, non hanno un impellente bisogno di venire in una scuola altamente tecnologica. Esprimono piuttosto, in maniera non sempre visibile, il desiderio di frequentare un posto totalmente altro, in cui possano incontrare qualcuno che si fermi, li guardi negli occhi e apra loro la mente e il cuore. Hanno voglia di calore umano, di una carezza e di una risata, di riflettere sulla natura, sul senso delle cose non digitali. Anche di piangere hanno bisogno, di uscire allo scoperto e imparare ad ascoltare e rispettare questi strani adulti che non si fanno comandare a bacchetta da ogni loro capriccio. Molto spesso hanno bisogno di una parola di conforto, perché dietro i modi bambineschi, bruschi e bischeri che hanno, si nasconde una ferita d’amore. A quella ferita siamo chiamati ogni giorno noi insegnanti, ad amarli educativamente, con visione, non solo per ciò che sono ma per ciò che non sanno di essere ancora.


8 risposte a "QUANDO LA SCUOLA FA PIANGERE"

  1. Andrea, anch’io mi unisco a questi complimenti… Mi ha fatto molto piacere leggere il tuo articolo, non solo per il suo contenuto che mi è piaciuto tanto, ma anche per il dono che hai per scrivere…
    Ti saluto dalla Colombia… Non so se ricordi l’amica della tua mamma che ti mandava schede telefoniche del Venezuela per la tua collezione…

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  2. Caro Andrea, tu sei talmente al passo con il movimento del cuore che mi tocca solo dirti: “ti ho letto, conosco parzialmente la tua vita, mi complimento perché tu … Non solo parli, ma già i ed anche al massimo, sia ne cuore che nell’anima”. Continua così giovane prof. Esempio di eccellenza per tutti noi

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    1. Ciao! Grazie per quello che scrivi. Non sono sicuro di essere un esempio di eccellenza, c’è tanto da fare e da imparare. Intanto sono grato per aver scoperto poco a poco questa grande passione per l’insegnamento. Un caro saluto!

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  3. Grazie per questo racconto, che da lontano, oltre oceano, vivendo un’altra esperienza fa risuonare anche la parola Aletheia. Che gioia sapere che Trucioli di Mondo è tornato!

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    1. Ciao Virginia! Grazie del tuo commento! Le parole grandi risuonano senza tempo e senza spazio… L’oceano non può nulla su di loro. Aletheia è una di queste. Un caro saluto e a presto! ✍️🌎

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  4. Carissimo Andrea, come mi ha fatto piacere questa tua riflessione sulla scuola, sugli studenti e gli insegnanti. Più che piacere mi ha emozionato nel profondo perché ha toccato corde molto sensibili in me. Sei entrato in una zona di me dove hai da sempre accesso libero perché è casa tua. Auguro al mondo una moltitudine di professori come te, che abbiano amore per quello che fanno, che contagino con la loro passione le anime certamente assetate dei nostri giovani che giudichiamo con severità solo a causa della nostra incapacità di dare loro un esempio credibile. Se lo permetti, invierò questo tuo scritto al mio caro amico Franco Nembrini, anch’egli professore (ora in pensione ma per anni insegnante alle superiori) e portatore di passione nel mondo dell’educazione, specialmente giovanile. Anch’egli, come te, ha fatto scendere lacrime sincere dagli occhi di alunni toccati dalla Verità e dall’esempio. Ti abbraccio con gratitudine.
    Sandro Bosio

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    1. Sandro, ti ringrazio per quanto scrivi. Da alcuni anni ormai non scrivevo sul blog. Questa nuova rubrica sulla scuola è l’occasione per non dimenticare tante riflessioni, tante parole che si formano dentro per la vita densa di significato a fianco di questi ragazzi. Saluti al buon Franco Nembrini che mi hai fatto conoscere tu (attraverso qualche suo libro). Dev’essere stato un professore molto speciale! A presto! 🙏

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