“E il mondo sotto di noi può cambiare e ricambiare. E noi perdere e vincere. Recuperare e invecchiare in un battito di ciglia. Ma se rimaniamo nell’amore, lì, di noi, niente mai tramonterà.”
Oggi che vado raccogliendo trucioli di mondo, ho scoperto in vecchi appunti di vita questa frase. Appunti sparsi, passeggeri di un viaggio. Lettere riportate in fogli di memoria e bellezze di un tempo.
È il mio ultimo giorno qui.
Nel pieno centro di Sidney sta per scatenarsi un tramonto dalle dimensioni oceaniche. La vista dal Bridge apre dietro ai palazzi di vetro un orizzonte senza fine e la sensazione è che, sul fondo di questo scenario, esista una terra lontana piena di dettagli e pezzi di storia mai scritti. La luce degli occhi sembra voglia smarrirsi nei colori sdraiati sull’acqua. Non è un dimenticarsi del presente o un congedo dalla vita reale, niente a che vedere. La luce degli occhi è l’unica che può far sconfinare il mondo dai problemi di dogana ad altra dimensione.
Le automobili sono rientrate. Sull’asfalto silenzioso del Harbour Bridge, la vita riposa. Nei pochi rumori di porto, sento il vento invernale oltrepassare il giubbetto nero e penetrare fino alla pelle, i jeans cingere le tibie e gonfiarsi attorno ai polpacci, un po’ come se il vento volesse definire meglio i muscoli da una parte o nasconderli dall’altra. Intanto il catamarano più grande fra quelli attraccati si sta popolando di passeggeri. Leggo volti emozionati. Tutti attendono di solcare il mare e raggiungere a largo le balene. Di fianco al mio sguardo, allontanandomi dal sole, la chioma bianca e rotondeggiante dell’Opera House, simbolo della città australiana. Sul muretto la gente ha smesso di chiacchierare. In ogni angolo del porto accade qualcosa di ordinario. L’aria si fa fresca. L’alta marea non tarderà ad arrivare. Qualcuno ha cominciato l’ultima passeggiata verso casa. Il respiro che nasce dalle profondità abissali del pacifico, forma quei rigonfiamenti in continua corsa sull’acqua che adesso si stanno divertendo a rotolare sotto il ponte. Non vi è foschia sul fondo del cielo, insolito evento per Sydney. È un tramonto elegante. A bordo del catamarano le persone si stanno accalcando in alto sulla zona aperta. Al collo, la maggior parte di loro, porta quel mostruoso strumento che riesce a imprimere tutto, a raccogliere meraviglie in un’immagine:
“clic! E metto il tramonto australiano in tasca.”
Scorro lentamente la cerniera dello zaino. Posso anch’io con la nuova Olimpik digitale! Ben saldo nella mia posizione, abbasso lo sguardo. La tocco. La prendo. La guardo… la rimetto via e chiudo lo zaino.
“L’unica immagine di stasera la lascio alla penna.”
Quando rialzo gli occhi al molo, il catamarano sta movendo la sua partenza sull’acqua. Sulla zona aperta tutti mi danno le spalle, sono rivolti all’orizzonte…
“…Un momento… Qualcuno sembra che guardi di qua…! Sta salutando!?”
Stringo le pupille e mi sforzo di mettere a fuoco:
berretto eschimese. Occhiali da sole. La bandiera legata attorno al…
…Non è possibile! Mi ha trovato!
Il suo sorriso. Il mio sorriso.
Insieme. Forse, per l’ultima volta.
.
Trucioli
Una.
Buona.
Fotografia.
Non è possibile.
Scrivendo.
Pagine.
Di mondo.
È quella.
Australiana.
Credo.