A Cami e alle Nonne Touch
Il primo calzolaio si trova a 20 minuti di macchina da qui, lavora seduto su una sedia, all’interno di uno scantinato che fa angolo tra i vialetti. Il pavimento è ancora pieno dei trucioli del vecchio falegname che vi esercitava la sua professione. Non è lui a dirmi che in questa epoca qualcosa sta cambiando. Non me lo dicono le farfalle che svolazzano in pieno inverno per le verande in fondo al parco, non me lo dice Chris con il suo ultimo album pieno di belle canzoni e nemmeno gli uomini a spasso con i cani dall’alba al tramonto.
Le nuvole continuano la buona abitudine dell’ombra, alle volte ingrigiscono e piovono. Esistono da sempre, da quando Waterloo era un villaggio sconosciuto e Roma una pianura tra i colli. Non sono certo loro a dirmi che qualcosa sta cambiando in questa epoca. Non me lo dicono i supermercati con i robottini elettronici al posto delle casse, non me lo dice la generazione di calciatori e sciatori alquanto mediocri e neppure le banche che si arrabattano per racimolare qualche percentuale in più.
Ciò che dice cambiamento è lo stupore. E l’uomo si stupisce davvero quando fa esperienza di un qualcosa che credeva non esistere, di una mossa del mondo così lontana da lui, da non poterla immaginare o percepire. Stupirsi è un sentimento in gran parte positivo poiché il cambiamento dovrebbe poter migliorare sempre.
Da qualche tempo viviamo qua.
Da qualche tempo il mutamento dà segnali positivi e preoccupanti. Tutto è regolarmente affidato all’uomo. Il lato preoccupante non è del cambiamento in sé, è dell’uomo che non sa interpretarlo con maturità e a ritmo con il cosmo.
È tutto come da regolamento affidato all’uomo, anche lo stupore. Soprattutto lo stupore.
Rimango ovviamente stupito dall’estinzione a macchia d’olio dei calzolai e dei falegnami, dalle casse robotiche dei supermercati, dall’ultimo album di Chris e alle volte persino dalla pioggia che annaffia improvvisamente il mondo. Ma non sono loro al vertice dello stupore, non loro a parlarmi direttamente del cambiamento della nostra epoca.
Su ognuno di questi stupori vi è ancora fluttuante una sorpresa, per taluni glamour, per altri inaccettabile, forse profetica; la stessa che sussurra forte che in questa epoca qualcosa sta cambiando per sempre. Mi riferisco semplicemente a quelle signore che, pur essendo in là con gli anni, non hanno paura del trasformarsi e dell’innovazione, non hanno timore di conoscere cose diverse o di fiondarsi sul millennio con la gioiosa incoscienza dello sperimentare. Un giorno o l’altro, forse, ci troveremo a guardare negli occhi queste meravigliose Nonne Touch, le apprezzeremo nella loro giustificata imbranataggine e riconosceremo qualcosa che ci appartiene: un brillio buono di gioventù, una maturità aperta ai tempi e, ancora una volta, impareremo a metterci in discussione nella grandezza dei nostri limiti.