Porto con me oggetti di poco valore, vestiti di poco conto, un cappello di lana cotta che invece di nascondermi come vorrei, trova gli occhi delle persone che escono o entrano da Piazza della Signoria.
Non sono interessato che alla bellezza, all’armonia. La musica tiene legate a sé queste due ancelle. Per eccellenza e per ordine naturale, le circonda e le libera, come formule matematiche che procedendo nella loro evoluzione si abbracciano e si contengono fino al risultato.
Ho girato l’Europa intera con una chitarra.
Da qualche settimana però sono fermo qui. Non era mai capitato che rimanessi in un posto per così tanti giorni. Sono all’angolo di Palazzo Vecchio proprio sotto il Corridoio Vasariano, cordone ombelicale sospeso tra Firenze e cielo, passaggio segreto del Granduca Cosimo de’ Medici.
Non ho mai capito granché di arte sacra o di pittura moderna, non ho mai coltivato l’interesse per i costumi e la moda, né per i mezzi tecnici che misero in piedi il primo cinema.
Sono un musicista. Non avrei mai potuto diventare qualcosa d’altro.
Non è importante dove sia nato, vivo l’andare del tempo suggerendo note musicali. Non racconto mai storie, tanto meno poesie tristi di amori perduti. Non faccio retorica o politica o religione. Sono sempre gli altri a decidere di cosa mi occupi davvero.
Questa è la verità.
Tocco soltanto le stanze interiori che la gente mi offre, a volte i fienili, a volte i salotti del loro cuore. In alcuni luoghi sono una persona importante, in altri scomoda, in altri ancora vengo costretto fuori dal cancello.
Sono io. Mi conosco perché convivo con me da ventotto anni. Negli altri, però, chi o che cosa io diventi non saprei dirlo.
Anche per questo amo il mio mestiere. Lascio ai passanti la possibilità di ridirmi come vogliono. Lascio che possano darmi ciò che realmente rappresento in loro.
Tiro avanti con gli spiccioli che avrebbero gettato chissà in quale parcheggio del mondo; a volte li lasciano cadere vicino, altre volte li appoggiano delicatamente nella custodia aperta davanti a me. Vivo di quelli e degli sguardi che vedo passare.
Mi nutro di occhi innamorati e delusi, di libertà e ingiustizia.
Cerco di accogliere tutto quello che il sole mi manda e il sole manda scintillii tra i più rari ed ombre tra le più scure, porta pace e subbuglio. Il mio essere, vibra di amori e non amori, di silenzio e guerra. In questa paradossale contraddizione, immobile ma nel riflesso continuo dei sentimenti, accade il suono della mia chitarra.
Ricevo, interiorizzo, restituisco.
Non ho mai saputo come avvenga.
Non so cosa succeda prima e cosa in fondo.
Non so quale fiore sbocci ne perché in quell’istante.
Non capisco se alla fine del momento ne diventi nuovo io o nuovi gli altri.
Negli occhi dei passanti scrivo le mie musiche che definir soltanto mie davvero non si può.
Nulla è veloce di questo processo ma direi una bugia se non confessassi che avvenga in un attimo.
Quasi ogni cosa è un mistero. Ed amo che lo sia.
Ancora un giorno e me ne andrò da Firenze, verso una postazione ignota su qualche altra trafficata strada di città, lungomare o cortile di campagna.
Tutti questi luoghi sono buoni per dare musica al mistero. Perché ogni giorno, ovunque mi trovi, vivo un lento rincasare nei vostri occhi, un corridoio di sogni che mi permette di passeggiare lì, come Cosimo de’ Medici, sospeso tra Firenze e cielo.
Grazie poeta di strada e viaggiatore di cuori. Mi ritrovo un po’, forse troppo un po’ e vorrei invece ritrovarmi di più negli anfratti di ogni piazza Signoria che albergano in ciascuno. Io sono un cantastorie più che un musicista o un poeta, anzi forse soltanto un ascoltatore e partecipante di storie e quello che alimenta la mia vita è di cercare di perdemi nelle pieghe dell’anima e dei cuori di chi mi passa accanto. Oh come è semplice entrare ma come è difficile restarci!
Sisan il cantastorie
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