PLAZA DE LA ALFALFA


Dal libro Trucioli di Mondo

A chi ha vissuto con me Siviglia, a chi me l’ha “insegnata” 

“Plaza de la Caza. Alcaicer. Plaza de Ensaladeros. Plaza del Boquete. Plaza del Infante Don Fernando. Plaza de Mendizábal. Plaza General Mola.”
Sono incise nella storia queste lettere. Sono tutti i nomi che ha avuto questa zona di case raccolte attorno ad un piccolo centro. Come se ognuno di noi, fra qualche anno, provasse a contare tutti i soprannomi con i quali è stato chiamato in vita. Io ne ho già un numero sufficiente da lasciarne taluno per strada. Di tanto in tanto, credo faccia piacere anche alla piazza stessa che qualcheduno rammenti certi antichi ricordi del suo passato.
Nell’anno 2010, questo luogo affascinante e ricco di storie misteriose, si chiama Plaza de la Alfalfa.
Qui, nel primo giorno di vero sole, grandi e piccini fanno festa.
Oggi è Marzo. Cortesie sincere e fiori color Firenze, segnano nei cuori della gente un sorriso tridimensionale.
Gli angoli della piazza si riempiono alla spicciolata di suoni primaverili, anche se per data, non si può ammettere che sia così facile distinguerli.
Margaux è appoggiata con la testa ad un pilastro scuro che taglia per verticale la facciata vaniglia del palazzo. Ha indosso due grandi occhiali neri, e se non fosse per la piccola sbavatura di rossetto verso la guancia, si potrebbe confondere per una Star.
Un fiore arancione le sfiora i seni, coperti da una vestaglia nera che lascia immaginare solo qualcosa. Per chi osa, anche qualcos’altro.
Il calice di vino, inizialmente colmato per metà, è ora solo mezzo vuoto anche di quella metà.
Le pellicole azzurre dietro quelle lenti nere, non fanno il possibile per esaltare il volto candido: assomigliano piuttosto a due perle blindate dalla vanità.
Il battito di ciglia è un sottile velo di pudore che i miei occhi possono a malapena distinguere.
Ho il calice con del vino bianco sulla mano destra.
Gioco con qualche pensiero normale. Un bambino biondo mi guarda curioso. Nel suo volto, la ricerca di un pensiero importante.
Sul bordo del bicchiere che sollevo, rivedo una traccia della mia infanzia. Sgocciolo un piccolo sorriso di riconoscenza.
Addosso ho il sorriso di Margaux, assieme agli sguardi invidiosi di tutti i tavoli.
Cessa il sorriso. Si abbassano le ciglia.
A ritmo di vento, le nuvole provano l’ultima canzone invernale nascondendo il sole per un istante.
Nelle chiacchiere della gente trova rifugio il nostro riposo.
Una donna anziana è seduta in terrazza sopra la locanda. E’ appesa nella lettura di qualche ricordo, o immersa dentro nuovi episodi di piazza da tramandare.
Le storie che potrebbe raccontarci da sotto quella coda di capelli grigi, verrebbero premiate dalle persone che sanno accontentarsi.
Un uomo ha iniziato a suonare una chitarra.
Ritmo di Palmas.
Accavallo le gambe.
Palmas a ritmo.
Sono Tre anime. Sei corde. Un flamenco.
Margaux ha cambiato postura e ha alzato gli occhiali sul berretto di lana fina. I capelli neri le cascano fino a confondersi con la vestaglia, e gli occhi, gocce inconfondibili della stanchezza, si lasciano respirare da sguardi altrui. Dal flamenco pure.
Non ci siamo più parlati da quando è arrivato il vino. Ci eclissiamo entrambi nell’istinto prosatore con i calici fra le dita. Sempre così.
Palmas per i tavolini. I tre gitani passeggiano seguendo i fondamenti del vagabondo musicante: regole da nessuno scritte, che suggeriscono di abbracciare maggior piazza possibile con un canto.
I risultati arrivano a suon di monete, come quelle che proprio adesso, i piazzanti, appoggiano sulla schiena marrone-chiaro della chitarra che il gitano porge.
Sorso di fine flamenco per le labbra di Margaux.

Mi sistemo sulla testa il sombrero trovato fra le cianfrusaglie dell’appartamento di Calle Maria Auxiliadora.

Appunto sul diario.

“Nomadi del luogo chiamerei questa gente, che mai abbandonerà né lo spirito nomade, né il luogo stesso del quale son l’anima.
Accendere barlumi di romanzo in cuori che non conoscono è il loro compito velato.
Ed io, seduto qui, con dentro qualcosa di precisamente identico, mi scopro nuovamente incapace di definirmi.
Io, che definire dovrebbe essere il mio lavoro.
“La parete più grande della mia anima è dipinta con vernici occidentali.”
La notizia sicura è questa. È la sola che potrei riportare per un giornale. L’unica che, in fin dei conti, potrebbe risultare materia di discussione tra i miei lettori.
Adesso che non sto lavorando, potrei andarmene un po’ con la penna. La mente, dal canto suo, troppo abituata a selezionare la parte di contenuto, non osa però, più del dovuto, lasciarsi sopraffare da un altro tipo di scrittura.
Ad ogni modo, questo discorso non lo stenderò per nessun quotidiano.”

Getto all’indietro il sombrero. Lo lascio cadere sulla parte alta della schiena fino a lasciargli toccare la rivestitura in paglia della sedia. Poi lo stringo al collo con il laccetto nero perché non oscilli fastidiosamente fino all’avambraccio.

La voce dei gitani se n’è andata anche dall’atmosfera.
Interessante che oggi le voci senza obbligo d’ascolto risultino le più gradite. Gli artisti senza trucco, fanno sempre della strada il palco più soddisfacente, e il gioco degli ascolti sta semplicemente nella rivelazione inaspettata di memorie e tradizioni.
Non è escluso che qualcuno ci faccia sopra un reportage, un giorno o l’altro.
Per molti turisti che si trovano oggi in Plaza de la Alfalfa, l’anima di questa città si riduce segretamente alle musiche di strada. Suoni sul quale spendere un ricordo, almeno in un altro giorno della loro vita.

Sul tavolo c’è solo il colore bianco.
I tovaglioli sono ancora posati sopra i due calici di vino, così come li avevo collocati a mo’ di riparo da sole e polvere.
All’ombra del tetto, Margaux, è un nido di sogni addormentati.
I locali della piazza sono nel pieno della loro affluenza. Il cabaret di rumori che attraversa le case attorno, non è altro che un omaggio romantico.
A me, che osservo e scribacchio per lavoro o passione.
A Siviglia, che in Marzo profuma di dolce peccato.
Alla storia nata oggi, in questa piazza, senza un solo bacio.

.

Trucioli

Poco.
Sopra.
Tutto.
Suoni.
Sola.
Giralda.


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