Questione di libertà.
Ma cosa vuol dire libertà? Legarsi alle, o slegarsi dalle… persone?
Sono una ragazza di 25 anni. E chiunque abbia la mia età e stia studiando potrebbe scrivere un libro di 278 pagine sulla libertà. Un libro ben scritto o soltanto scarabocchiato malamente. Insomma un libro, con mille vicende di amore tra amicizie irregolari, pianti improvvisi e sorrisi appesi a un filo.
Sono una ragazza di 25 anni. Neppure io sono sfuggita alle due grandi professioni giovanili di quest’epoca sensazionale. È così. Che tu sia a giurisprudenza o scienze dell’educazione, che tu sia bionda, mora, alta o con i baffi, non potrai evitare di scegliere, almeno una volta, tra baby sitter e cameriera. E non dico niente di male eh? Constato soltanto.
Poi, per le più fortunate, ce n’è addirittura una terza e qui chiudiamo però: ripetizioni.
Questione di libertà.
Studio per trovarla o per perderla?
Non esistono molte questioni valide nel mondo. Basterebbe parlare di libertà, discuterne seriamente e anche non, snocciolarne i particolari, andare a cercarsi i punti di vista più lontani, quelli persi di vista.
Attualmente mi divido tra ripetizioni e babysitteraggio e di giorno non ho mai il tempo di controllare il telefono.
Libertà?
Cioè. Poter controllare il telefono me ne darebbe di più? Di cosa sto parlando mentre scrivo LIBERTA’.
No. Probabilmente sono io stessa a tenermi lontana da quel telefono. Per il timore e la certezza di trovarci un messaggio di Matteo, ragazzo fantastico e grandissimo amore da 7 anni. Siamo tristemente innamorati. Legati da un affetto trascinante. Alle volte ho l’impressione che sia ancora amore. Lo è! Lo è! E subito dopo non lo è più per sempre.
Mi è difficile scrivere la verità. Mi tremano le mani mentre appoggio il pensiero su questi fili.
Non ci amiamo noi. Amiamo il ricordo dei sognatori che siamo stati insieme. E sognare con una persona è molto, molto di più di qualsiasi altra cosa si possa immaginare.
Sognare insieme vuol dire crearsi, portarsi via l’un l’altro, atterrare in un luogo infinito ma prenotato per due e per l’eternità.
Accidenti. Quanto mi ricosterà sognare insieme a qualcun altro?!
Mi fermo sempre qua, a questa dannata domanda di confine. È come se fosse un immenso divieto d’accesso, un viaggio così nuovo e così grande che fa paura al solo sfiorarne l’idea.
E sono diventati 7 gli anni.
Non mi ricordo neanche più da quanto va avanti questa situazione. Immagino che me ne sia fatta una ragione, della serie: “la condizione è questa, convivici e punto”. Non ricordo più neppure se sono felice.
Sento qualcosa. C’è una massa leggera dentro il mio corpo, un paurosissimo fondo di me che difende tutto questo territorio. È un mucchio di niente che mi abita in minima parte, eppure sa afferrarmi da ogni lato e mi restringe e non mi lascia. E mi dice cosa dire mentre dico:
“…la mia situazione sentimentale
è incasinata, è un po’ particolare,
non mi autorizza a conoscere nuove persone.”
Mi chiedo come sia possibile che lo dica così poeticamente.
Fin dove si nasconde il male?
Come può camuffarsi nella sincerità di un povero essere?
È fondissima questa roba. È poesia del male, un barile invisibile, atomicamente indipendente ma che si accorge di ogni mia minima mossa.
Diventa quasi tutta me.
Quasi.
Forse, un giorno, questo magnifico QUASI mi salverà.
Mi aggrapperò a lui come ad una fune che pende dritta dalla cima della montagna. È promesso. Lo estenderò per ogni spazio di femminilità abitabile, fino a fargli fregare il pavimento della mia anima e ripulirlo di tutto. Di tutta me. Tutto quell’essere che è stato nascosto alla libertà.
Magnifico Andrea. Senza “quasi”.
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Ciao maestro Di Palma. A presto 😉
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