a chi viaggia studiando e a chi studia viaggiando
Snodo il cervello mentre snodo il groviglio delle cuffiette da musica.
Può darsi che riesca a svegliarmi solo a questo punto della mattina. In treno. In partenza. Nella silenziosa attesa, aggrovigliata di vecchie note di sonno e fili neri di gomma plastificata.
Mi sento un estraneo su questo treno di dormiveglie e smartphone, come se il tempo del mondo mi avesse messo qui a osservare, guardare senza essere visto.
Il mio cuore è in punizione, direi quasi in isolamento se non fosse per questo piccolo diario a venti righe che ancora permette di amare.
Scrivere è un dare forma relazionale anche al vuoto. Nell’oscurità della notte dell’anima, pur apparendo nonsenso, scrivere è relazione ancora. E anche in prigione, pur apparendo nonsenso, scrivere è ancora libertà, salvezza, amore.
Profondamente inside,
romantico, sovvien
lo strappo.
D’improvviso darei un bacio,
un bacione grande così
alle mie maestre elementari:
m’hanno insegnato a scrivere,
ad amarmi e amare.
M’hanno insegnato a dare
senso al nonsenso.
Dai finestrini della seconda classe, palazzi e orti se ne vanno lentamente. Il sole è già alto sul confine toscano-umbro. Qualcuno per i fastidiosi riflessi ha cominciato a svegliarsi, a girare lo sguardo verso le colline. Non è una regola ma ne sono certo: questi detestabili riflessi, questi fastidiosi grovigli ci fanno accendere la mente e cominciare il mondo. Sono proprio i difetti a illuminare e aprire la strada alla massima espressione dell’uomo.
Perugia è ormai vicina. È la mia prima volta qui.
Novamente
per la prima volta mi trovo a essere,
a ferire la mia integrità
con il primo luogo e il primo giorno,
con l’imbarazzo per non essere perfetto,
con la straripante potenza della nuova avventura.
Novamente è quasi
la fine di un anno,
quasi d’un viaggio,
qua sì, Perugia.
Un altro primo me
grovigliante di difetti
nel tempo del illuminar.
“Scrivere è un dare forma relazionale anche al vuoto. Nell’oscurità della notte dell’anima, pur apparendo nonsenso, scrivere è relazione ancora”… Perdona questa quasi “imboscata”, Andrea; ma, per quello che vale, per le mie corde è da un po’ che non sbagli un colpo. E spero di dare una eco appropriata a questo truciolo, citando chi mi risuona dentro ogni volta, in certi momenti (quelli più intensi, più decisivi, più veri), con piena immediatezza:
“Io dovrò ben accontentarmi del mio giardinaggio interiore e di stare a guardare l’altro [il giardinaggio esteriore], guardarlo s’è possibile più profondamente, come guardo i vostri fiori e le vostre lettere (che germogliano gli uni e gli altri nella stessa fede). Il mio intimo giardinaggio è stato magnifico quest’inverno. La coscienza d’improvviso risanata della mia terra profondamente smossa m’ha prodotto una grande stagione dello spirito e una lunga mai più conosciuta forza di irradiazione del cuore. I lavori a me soprattutto cari (cominciati nel 1912 in grandiosa solitudine e quasi affatto interrotti dal 1914) poterono essere ripresi – poterono, in un’infinita capacità, essere portati a termine. […] Questo appunto io ho provato in questo lungo inverno nella profondità del mio lavoro, più, e più irrevocabilmente, che finora non sapessi: che la vita ha già prevenuto di lunga mano ogni impoverimento posteriore con le sue ricchezze che superano tutte le sue misure”
(da “Lettere a una giovane signora”, R.M. Rilke, Chateau de Muzot sur Sierre – Valais -,19 maggio 1922).
E visto che, a dirla tutta, avrai ora dalla tua parte “la straripante potenza della nuova avventura”, posso solo augurarti buon giardinaggio e buon “tempo del illuminar”…a presto!
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Fabio, l’esserci delle tue corde mi aiuta a comprendere le mie. Grazie per la bellissima citazione e per la precisione con la quale riporti ogni singola parola. La lettura dei libri è un mistero e un piacere e trovare un libro nuovo che solletichi il proprio stare nel mondo è come incontrare un nuovo amico, come scoprire un nuovo versante del paesaggio mentre si percorre la strada.
Grazie per questo nuovo incontro con R.M.Rilke, giardiniere dell’interiorità.
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