Un giorno accadde che organizzai una piccola caccia al tesoro per alcuni bambini. Il quarto indizio era l’ultimo e il più importante, conduceva dritto al famoso punto X del tesoro.
Ebbene quest’ultimo indizio l’avevo io stesso nascosto sotto al sedile di un’altalena. Quando però la bambina della squadra Uno arrivò a guardare lì sotto, non trovò assolutamente nulla. Bigliettino scomparso. Si interruppe allora la caccia al tesoro e diventò, a squadre unite, una vera e propria caccia al quarto indizio: tutti i bambini cercavano insieme per terra, nelle frasche, tra le pietre del muretto, sulle scale accanto, alcuni di loro mi interrogavano su dove l’avessi nascosto precisamente, qualcun altro sospettava che fosse uno scherzo e che il quarto indizio l’avessi ancora con me (ero solito a questo tipo di scherzetti ma non quella volta, non con loro).
Cominciai così a indagare anch’io con le due squadre.
Dopo una decina di minuti di profonda ricerca, mi arresi. Mi alzai da terra e dissi: “Ragazzi, il quarto indizio è andato perduto. Venite! Vi porto al tesoro!” Tutti tornarono contenti e cominciarono a saltellare e a venirmi attorno. Tutti? No, non tutti. Un bambino era rimasto seduto sull’altalena con lo sguardo che puntava il cielo.
“Fede dai vieni al tesoro! L’indizio è andato perduto!” Gli dissi.
Lui si alzò piano, mi guardò negli occhi e quasi sommessamente rispose: “Non può essere andato perduto, forse siamo noi che non riusciamo a vederlo.” Detto questo mi seguì con gli altri al tesoro.
Capii istantaneamente due cose. La prima: per Fede la caccia era di gran lunga più importante del tesoro. La seconda: non trovare l’ultimo indizio era paragonabile a una resa durante la guerra.
Lentamente poi mi parve di capirne un’altra, più profonda, più essenziale:
Perdere.
Cosa significa perdere?
Dove finiscono le cose che perdiamo? E possiamo davvero perdere delle persone?
Il fatto che un bambino mi metta dinanzi a quesiti come questo è già una risposta. La risposta è che l’uomo esiste per domandarsi, per cercare, per provare a vederci chiaro. L’uomo è domanda.
Interrogativamente
l’uomo viaggia
nel mondo.
Ecco perché non si può fuggire alla domanda sull’esistere, nessun tesoro materiale potrà mai convincere l’uomo a smettere di domandarsi chi è e perché lo è. Il tesoro è la domanda stessa.
Il bambino non ha ancora imitato abbastanza, non ha appreso tutto, non sa. In questo puro non sapere giace, molte volte, il rimando della sapienza, del più vivo e acceso conoscere, giacché in poche semplici parole ci narra una storia lunghissima e articolata:
l’essere è
proprio quando non è
e mentre ammette di non vedere.
Ecco il Non
che mostrandosi si toglie
e dona al paradosso il di-venir
imbarcabile.
Il piccolo Fede chissà quante altre cose mi ha detto con quelle parole. Cose grandi e meravigliose, incomprensibili per una mente serrata come la mia.
Dove finiscono le cose che perdiamo?
Nel poema cavalleresco Orlando Furioso di Ariosto, il luogo in cui vanno a finire tutte le cose perdute è la Luna. Affascinante.
Ma perdere qualcosa è in fondo non poter più procedere con lei lungo la strada. Quando perdiamo una persona cara, per esempio, accade proprio di non poter più vivere con lei, di non poter più viaggiare assieme a lei. Eppure è misteriosamente proprio lì, in quel tempo di smarrimento, che troviamo forse cristallizzata la vita di quella persona, salda in noi come una radice; Proprio lì, che incontriamo in profondità quanto lei continui a esserci in ciò che siamo, e quanto andiamo portandola in noi nel mondo.
Laddove il perdere diventa cercare,
il dolore diventa nascita.
Laddove il perdere diventa trovare
riparte a nuovo
il viaggio.
Li portai tutti al tesoro. Il piccolo Fede tornò a giocare, a saltare, ridere e far danni come aveva sempre fatto. Tornò anche a dondolarsi spensierato sull’altalena come se nulla fosse accaduto lì, come se quel luogo non avesse niente di speciale. Non poteva essersene accorto ma quel pomeriggio stesso, sulla soglia del tramonto, il tempo si era fermato su di lui. Sul bambino. E il tempo non si ferma a caso, lo fa soltanto per la Verità.
Verità…
…non può essere andata perduta, forse siamo noi che non riusciamo a vederla.
Andre questo mi piace proprio tanto…. e’ il motivo per il quale ogni giorno quando apro gli occhi non vedo l’ora di “andare a lavoro”. Cioe’ il motivo sono loro…. i ragazzi che mi passano accanto ogni giorno. 😉
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Eh sì, in loro c’è un’apertura diversa alle possibilità, c’è una capacità di sognare e di immaginare mondi possibili che va ben oltre a quella degli adulti. Anche per questo stare insieme a loro è un grande dono, uno scambio reciproco di vedute che amplia il punto di vista sul passato, il presente e il futuro dell’umanità.
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